DALLE ORIGINI...

Le origini della pizza napoletana affondano le radici in un intreccio di storia e leggenda che, da sempre, affascina gli amanti della più nota prelibatezza campana. La storia fa risalire la pizza ad un antenato paleolitico della focaccia che gli uomini primitivi, non conoscendo le tecniche di agricoltura, preparavano sbriciolando cereali e radici che poi cuocevano sulla pietra calda. Alcuni ritrovamenti archeologici confermerebbero questa tesi; precursori dei forni della pizza sarebbero, infatti, giunti fino a noi: cave all’interno delle quali la pietra veniva poggiata su braci ardenti per cuocere l’impasto.

Fu grazie agli egiziani che si compì un’importante tappa della storia della pizza, quando furono scoperte le proprietà del lievito che, aggiunto all’impasto degli antenati primitivi, diede nuova consistenza alla focaccia.

Un precursore della pizza napoletana esisteva anche tra i persiani: ai tempi della dominazione di Dario il Grande, i soldati usavano rifocillarsi, dopo grandi battaglie, cuocendo sui propri scudi delle pagnotte piatte, che farcivano con formaggi e datteri.

In Italia, patria ufficiale della pizza, gli etruschi prima, i greci e i romani poi, parteciparono alla storia di questo gustoso alimento: se gli etruschi furono i primi ad importare questo nutrimento nella propria cultura gastronomica, i greci apportarono un’importante modifica nella preparazione della focaccia; detta Planktunos, la “pizza” degli antichi greci veniva, infatti, farcita prima della cottura.

Grazie a Catone il Censore, famoso generale, storico, politico e scrittore dell’antica Roma – che fu probabilmente tra i primi ammiratori della pizza – sappiamo, inoltre, dell’esistenza di una pietanza molto popolare tra i romani dell’epoca, composta da un “impasto di forma rotonda con olio d’oliva, spezie e miele” che veniva “cotto su pietra”, definita Panis Focacius (dal latino: “panis“, ovvero pane, cotto al “focus“, focolare).

Scatolificio Martinelli Srl: Pizza Italia

Scatolificio Martinelli Srl: pizza formato Italia

L’ampliamento dei confini dell’Impero Romano contribuì alla diffusione di questo tipo di focaccia e, nel tempo, nacquero diverse varianti, attribuite a territori differenti della nostra penisola, a seconda degli ingredienti utilizzati e della preparazione: tra queste, la pizza pugliese, la pitta inchiuta calabrese e la schiacciata toscana. A Napoli, intorno all’anno Mille, si utilizzava il termine picea per indicare un disco di pasta coperto da ingredienti colorati e saporiti che veniva cotto in forno.

Il termine picea ebbe origine probabilmente dal dialetto napoletano, con il significato di “scossa” o “spinta“, in riferimento al movimento compiuto dal fornaio nel porre l’impasto nel forno per la cottura. Tuttavia, alcune fonti storiche sottolineano che il termine della pietanza napoletana più famosa al mondo, potrebbe derivare dalla lingua araba e dalla dominazione saracena nei territori campani – il termine pita, così simile a pizza, significa proprio pane, focaccia – o persino da quella tedesca giunta in Italia con la dominazione longobarda – in questo caso si fa riferimento alla parola “bizzo“, che significava “pezzo di pane”.

Scatolificio Martinelli Srl: Vesuvio di farina

Scatolificio Martinelli Srl: La farina ed il “fuoco” del Vesuvio

Tutte le varianti di focaccia conosciute all’epoca rappresentavano un alimento povero, un cibo su cui i contadini potevano fare affidamento nei momenti critici, e, soprattutto, mancavano ancora dell’ingrediente che, attualmente, risulta fondamentale per la preparazione della pizza: il pomodoro.

L’arrivo sulle tavole della pizza moderna avviene, infatti, proprio con la scoperta del pomodoro.

Importato dal Perù, dopo la colonizzazione dell’America, il pomodoro fu dapprima utilizzato come pianta da ornamento, ritenuto velenoso – si trattava, infatti, di un frutto dorato, non rosso come il pomodoro che conosciamo, e proprio per questo denominato “pomo d’oro”, ovvero mela d’oro – poi usato in cucina come salsa, cotta con un po’ di sale e basilico, probabilmente proprio da qualche contadino che, per i morsi della fame, decise di tentare la sorte.

Solo successivamente il pomodoro fu abbinato alla pizza, dando vita alla creazione culinaria più famosa del mondo. L’estro dei napoletani e l’arte del “sapersi arrangiare” in caso di bisogno resero il pomodoro, già nel 16° secolo, un ingrediente indispensabile per la cucina locale, mentre sulle tavole del resto del mondo questo frutto fece la propria comparsa soltanto un paio di secoli dopo.

Tra il 1700 e il 1800 la pizza era già enormemente diffusa a Napoli: Vincenzo Corrado cita la classica pietanza in un trattato, risalente alla metà del Settecento, in cui descriveva le abitudini alimentari dei napoletani.

Già all’epoca, in tutta la città, piccoli locali con forni a legna vendevano la pizza nelle strade e nei vicoli, dove queste erano anche consumate; il ragazzo di bottega, portando in equilibrio sul capo una stufa, si recava direttamente dagli acquirenti che potevano gustare le pizze, ancora calde e già confezionate con diversi ingredienti e condimenti.

Egli avvisava del proprio arrivo con sonori e caratteristici richiami.

Scatolificio Martinelli Srl: forno napoletano

Scatolificio Martinelli Srl: forno napoletano

Tuttavia, nessuno sedeva al tavolo come nelle moderne pizzerie e anche i venditori ambulanti potevano fare affari con la pizza: utilizzando piccoli contenitori di rame a forma di botte – dotati di doppio fondo nel quale inserivano le braci per tenere al caldo il prodotto – questi trasportavano le pizze appena sfornate “a domicilio”.

Si sviluppò anche una singolare modalità di vendita, la cosiddetta pizza a otto: la pizza si mangiava subito, ma la si pagava a otto giorni di distanza, gustandone un’altra. Anche se questa facilitazione costava un piccolo sovrapprezzo, dimostra come, allora, fosse spiccato il senso di solidarietà dei napoletani: fra l’avventore ed il pizzaiolo si istituiva una attività di mutua collaborazione che permetteva al popolo minuto di nutrirsi di un alimento sano, nutriente e gustoso ed al commerciante di portare avanti una attività economica che, certamente, serviva a sfamare la sua famiglia.

Scatolificio Martinelli Srl: ingredienti pizza Margherita

Scatolificio Martinelli Srl: ingredienti pizza Margherita

Successivamente si diffuse l’abitudine di consumare la pizza in loco, presso le botteghe dove era preparata: il forno di pietra vesuviana a legna, il bancone di marmo, dove era confezionata la pizza, e, sugli scaffali, in bella mostra gli ingredienti selezionati per comporre le differenti varietà di pizza.

Completavano l’ambiente i tavoli, dove gli acquirenti consumavano la pietanza, ed una esposizione esterna di pizze per la vendita ai passanti: tutti elementi che si ritrovano tuttora nelle pizzerie Campane. La prima pizzeria napoletana, la pizzeria Port’Alba, nacque nel 1830 ed è molto nota ancora oggi.

È alla fine del XIX secolo, che si verifica il celebre episodio, spesso narrato come evento che ha dato origine alla fama della pietanza, che intreccia la storia della pizza a quella della casa regnante dei Savoia.

Nel 1889, infatti, il re Umberto I e la regina Margherita trascorrevano l’estate a Napoli, nella reggia di Capodimonte; la regina, incuriosita dalla pizza, che non aveva mai mangiato e di cui aveva sentito parlare a corte, era intenzionata ad assaggiare il celebre alimento del popolo.

Scatolificio Martinelli Srl: pizzeria Brandi

Scatolificio Martinelli Srl: pizzeria Brandi

Non potendo ella recarsi in pizzeria, fu chiamato a palazzo il più noto e rinomato “pizzaiuolo” del tempo, Raffaele Esposito, che si trovava alla salita Sant’Anna, a pochi passi da via Chiaia (la sua pizzeria, “Pietro il Pizzaiolo”, esiste ancora oggi come “Pizzeria Brandi”). Al pizzaiolo fu concesso di utilizzare i forni delle cucine reali e lì preparò le pizze per i più celebri clienti mai incontrati. Proprio per questo cercò di combinare gli ingredienti in modo da creare pizze d’occasione, adatte al palato sopraffino dei suoi ospiti: una, detta “Mastunicola“, fu preparata con la sugna (una sorta di strutto), formaggio e basilico; una con aglio, olio e pomodoro – la classica pizza alla marinara; una terza con mozzarella, pomodoro e basilico, per riprodurre i colori della bandiera italiana. Fu quest’ultima in particolare che entusiasmò la regina Margherita e, certamente, non solo per motivi patriottici!

Il pizzaiolo colse al volo l’occasione e chiamò questa pizza “alla Margherita”: il giorno dopo la mise in lista al suo locale ed ebbe, come si può immaginare, innumerevoli richieste. Poi la storia si riseppe anche fuori Napoli e la pizza alla Margherita si diffuse un po’ dovunque.

Scatolificio Martinelli Srl: il mondo in una... pizza

Scatolificio Martinelli Srl: il mondo in una… pizza

Tuttavia, è solo con il boom industriale degli anni 1960, dopo la 2° guerra mondiale, che la pizza lascia i confini dell’Italia meridionale per diffondersi nel resto della penisola italiana: nel triangolo Milano, Torino, Genova, migliaia di emigranti si spostano con le loro famiglie portando con sè i propri usi e costumi e i napoletani incominciano a fare le prime pizze per i compaesani e via via, con il successo ottenuto, anche per la gente del posto.

Anche chi emigrò all’estero, principalmente in America, portò con se il segreto della pizza: lì la prelibatezza napoletana fu costretta ad adeguarsi all’assenza di uno degli ingrediente “chiave”, la mozzarella, che fu sostituita dal formaggio americano riuscendo, nonostante tutto, a raggiungere l’apice del successo anche oltreoceano.

Oggi, dal 1989, con la caduta del muro di Berlino, si assiste ad una nuova migrazione della pizza, verso l’Europa dell’Est, la Russia, la Polonia, l’Ungheria ecc., il Medio Oriente, il Giappone e persino la Cina. Partendo da Napoli la pizza Margherita si è imposta ovunque nel mondo.

AD OGGI… NELLE NOSTRE SCATOLE PIZZA

La pizza è una delle bandiere del made in Italy nel mondo, motore di uno sviluppo economico basato sulla bontà dei suoi ingredienti e sulla qualità dei servizi che l’accompagnano.

Se un tempo c’era il cartone per la pizza da portare a casa, il cambio di passo offerto dalla globalizzazione dei mercati, ha portato innovazioni sia tecnologiche che nel lessico del settore. Oggi si dice pizza da asporto o, utilizzando la terminologia anglofona, si parla di take-away e le scatole pizza debbono rispondere a precise normative nazionali ed internazionali, a tutela del consumatore e per la salvaguardia della sua salute.

Scatolificio Martinelli Srl - alcune delle nostre Scatole Pizza con stampa generica e personalizzata di tutte le dimensioni

Scatolificio Martinelli Srl: alcune delle nostre scatole pizza

La nostra missione aziendale consiste nel produrre cartoni pizza che soddisfino completamente il pizzaiolo, affinché le sue pizze siano calde e fragranti a casa come in pizzeria, assicurando al consumatore finale il gusto unico di una delle migliori scoperte culinarie del mondo, garantendo sempre che le nostre scatole porta pizza non rilascino sostanze nocive, dannose per l’alimentazione o che ne alterino il sapore.